giovedì 19 febbraio 2009

La caduta di Veltroni

Perchè i giornali titolano sconsolati sulla fine di Veltroni? Perchè Berlusconi ne approfitta come se avesse vinto le elezioni interne al PD? Ve lo dico io! Non siamo più in un partito democratico, nè in un paese democratico. Siamo così assuefatti a Berlusconi presidente del consiglio e presidente acclamato del suo partito, così convinti della sua immortalità politica, che le dimissioni del segretario del partito all'opposizione (se tale si può chiamare la politica dei sussurri veltroniani) ci sembra uno scandalo. Abbiamo perso il senso della politica, delle cariche e del succedersi dei mandati. Contro Berlusconi bisognerebbe mandare un esercito di oppositori, come in un videogame, dove il mostro è così forte e il trucco per batterlo così difficile da scovare che ci servono molte vite e molta pratica per sconfiggerlo. è la mossa più vitale del partito democratico da quando è nato. La vita contempla la morte, le cariche contemplano le dimissioni, o le dismissioni. Perso un capo si pensa al peggio, persa una figura di spicco si pensa ad un cattivo epigono. La verità è che dall'altra parte è assolutamente così. Se Berlusconi cadesse si porterebbe dietro tutto, dopo di lui c'è solo il vuoto. A sinistra (o a centro-sinistra) ci sono invece persone di ogni mestiere, credo e pensiero che hanno però in mente un mondo un po' più giusto di quello che ha in mente Berlusconi (televisioni dappertutto, mura e manifesti con culi e tette, gigantografie che inneggiano alle sue barzellette), un po' più bello, meno inquinato, meno corrotto, meno paraculo e meno stupido di quello che ha costruito Berlusconi. Veltroni voleva "tenere tutti uniti". Veltroni doveva mandare tutti all'attacco. Da questa politica si sarebbero visti i pavidi, scoperti i conniventi, gli inetti e i cretini. Si sono messi attorno a un tavolo, hanno piazzato un bel bersaglio con la faccia di Berlusconi e le freccette se le sono tenute per stuzzicarsi i denti...
questa è l'ultima occasione che abbiamo per riprenderci il paese.

domenica 8 febbraio 2009

la mia immaginazione

la mia immaginazione mi precede sempre. se vado a londra, la mia mente è stata là prima di me. se vado a berlino, la mia mente ha raccolto il racconto dei miei amici. se vado in messico, la mia mente ha ascoltato le parole profumate e succose di chi sono andato a trovare. con l'immaginazione si possono fare tante cose, ma non vivere. per vivere abbiamo bisogno del nostro corpo. e fino alla fine lottiamo per muoverci, per smuoverci, per accennare con il più lieve dei nostri movimenti che l'immobilità non fa parte di noi, non ci sono segreti dietro la catalessi, non c'è mistero dietro ad un risveglio rimandato per tanto tempo. qualcuno di noi vorrebbe aspettare, ne sono sicuro. anch'io aspetterei. ma fino a quando? e per fare cosa, se il mio corpo è ormai impossibile da muovere? se la mia immaginazione soffrirebbe per ogni immagine che non può trasformarsi in realtà?
la morte non è crudele, il mondo non è crudele. il nostro manicheismo lo è. la nostra mancanza di volontà lo è ancora di più. la nostra sensazione di toccare il nulla, lo è.
la mia immaginazione mi dice di non dormire. c'è troppe cose da fare e da dire, da vedere e da toccare, da bere e da sentire, da leggere, da camminare e da sentire di nuovo.
sono nato senza spine. morirò senza spine. se qualcuno me ne metterà una in corpo lo chiedo a tutti e a nessuno: staccatemi da quella spina.